la sede estera di una società, se accertata a seguito di un giudicato, non può più essere contestata

se in un altro processo tributario è stato accertato con sentenza definitiva che la medesima impresa era effettivamente residente in un altro paese, il fisco non può fondare le sue contestazioni sulla fittizietà della sede straniera.

quindi la motivazione adotta dall’ufficio sull’esterovestizione viene ritenuta “pretestuosa”, con conseguente addebito delle spese per lite temeraria.

si è espressa in tal senso la sezione 45 della ctr lombardia, con la sentenza n. 4333/45/16 del 21 luglio 2016 respingendo l’appello dell’ufficio con condanna per temerarietà della lite.

l’agenzia delle entrate ritenendo che la società controllante fosse solo formalmente residente nei paesi bassi, ma in realtà con sede amministrativa e oggetto principale dell’attività in italia, contestava la natura esterovestita di tale soggetto, ossia la sede fittizia all’estero e, di conseguenza, accertava a carico della medesima maggiori imposte, interessi e sanzioni. tuttavia, in un diverso contenzioso tributario, svoltosi sia nel giudizio di merito sia nel giudizio di legittimità in cassazione, era stata riconosciuta l’effettiva residenza in olanda della società de qua. avverso l’avviso di accertamento fondato sulla presunta fittizietà della sede sociale la società proponeva ricorso che veniva accolto dalla ctp rilevando, tra l’altro, la valenza del giudicato esterno in merito alla residenza olandese della società ricorrente. la ctr della lombardia confermava la pronuncia di primo grado, ritenendo che l’indiscussa residenza fiscale straniera della società fosse risolutiva della questione e la motivazione dell’ufficio sulla residenza estera fosse da respingere nonché pretestuosa e, come tale, giustificativa della condanna per lite temeraria.

in definitiva, il giudicato esterno sulla residenza estera di una società si pone come ostacolo alle successive contestazioni di esterovestizione, pena la soccombenza in giudizio dell’agenzia delle entrate con l’annullamento dell’atto impositivo e la condanna della stessa per responsabilità aggravata ex art.96 c.p.c.

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