fisco turistico – business plan turistico – piano di sviluppo, fase decisionale 2/2

in questa puntata di #fiscoturistico introduciamo il concetto di piano di sviluppo ed in particolare ci soffermiamo sulla fase decisionale.

domanda: buongiorno e ben ritrovati presso lo studio della bella associato. oggi, con i nostri esperti di leggi e tributi, riprendiamo il consueto argomento, ovvero il #fiscoturistico, e continuiamo col business plan turistico, avvocato?
avvocato: oggi riprendiamo l’argomento, abbiamo pensato che fosse opportuno riprendere l’argomento in termini generali, quindi parlare bene del business plan, per poi caratterizzarlo sull’aspetto turistico. ovvio, che se non si conosce bene lo strumento, perdono di significato le differenze dallo standard.

domanda: bene. da cosa cominciamo oggi?
avvocato: oggi cominciamo dal piano di sviluppo di un progetto imprenditoriale, ed in particolare colla fase decisionale. un piano di sviluppo, piano industriale o business plan, leggeteli come sinonimi, può riguardare tanto le start-up quanto aziende già presenti sul mercato per l’inizio di un nuovo business così come per lo sviluppo dell’attuale. le fasi dello sviluppo di un progetto imprenditoriale sono fondamentalmente 5: – fase di decisione; – fase di focalizzazione obiettivi; – fase definizione strategia di marketing; – elaborazione del piano operativo; – elaborazione del piano economico finanziario; tutte queste fase fanno parte del business plan, nell’immaginario collettivo, normalmente vengono trattate solo le ultime due (piano operativo ed economico finanziario), ma a nostro giudizio l’iter decisionale e strategico, così come la definizione degli obiettivi e del tutto significativo per gli stakeholders, ovvero tutti coloro che hanno interesse nell’azienda, e danno un senso ai numeri che sarebbero sempre importanti ma perderebbero di carattere.

domanda: sicuramente anche ai nostri telespettatori interessa una visione più completa anche se come dite sempre voi, una visione di dettaglio la si può avere solo dal proprio professionista di fiducia. dottore, quindi, cominciamo dalla fase decisionale?
dottore: si, sicuro oggi parliamo di quello. la fase decisionale è sicuramente una delle più interessanti ma anche quella cruciale: quando si decide se fare un business o non farlo, se intraprendere o no, si decide se cominciare ad investire soldi e risorse (tipicamente tempo), se coinvolgere professionisti, investitori in un progetto dal quale si può tornare indietro solo in modo molto costoso: i soldi spesi per un progetto che si porta a termine possono essere considerati quali un investimento ma i soldi spesi su un progetto non portato a termine sono solo costi. e’ vero, sempre meglio spendere per prendere una decisione ponderata piuttosto che fare impresa senza averlo pesato prima, ciò nonostante anche i costi di decisione finiscono per essere significativi. l’ultima fase precedente il business plan è la fase creativa e d’indirizzo, quella in cui si pondera con i terzi, a noi vicini, se l’idea imprenditoriale è valida e poi, s’inizia ad impostare il progetto imprenditoriale ovvero cominciamo a costruire il nostro business plan che come dicevamo deve contenere anche tutta la fase decisionale che giustifica e declina tutti le necessarie premesse e gli assunti sottostanti la decisione di fare impresa. il progetto inizia con l’analisi di mercato: clientela, concorrenza e canali distributivi. si prosegue con l’analisi interna: risorse umane, risorse finanziarie, dotazioni tecniche e si conclude la fase decisionale con una cosiddetta swot analysis che consiste in una valutazione dei punti di forza, punti di debolezza, opportunita’ e minacce.

domanda: come si fa, avvocato, ad impostare e riassumere le idee. ci sono dei trucchi ovvero degli aiuti, dei modelli?
avvocato: si deve costruire il proprio modello di business in modo guidato. “passo passo”: ogni passaggio influenza il successivo o ci aiuta a riflettere sul precedente e pian piano si riescono a scrivere tutte le nostre idee ed a sottoporle ai nostri consulenti in modo organizzato. il modello più famoso è il business model canvas. non preoccupatevi per il nome strano, nei fatti è un semplice modello di business che aiuta a rappresentare visivamente come e perché fare impresa, cosa produrre o vendere, in che modo farlo. ci aiuta a farci le domande utili a creare in modo esaustivo ed adeguato un modello di business e, quindi, un business plan completo.

domanda: ci può fare un esempio, dottore?
dottore: beh, diventa difficile ma direi, le domande principali da porsi per costruire il proprio modello di business sono: quali prodotti o servizi voglio offrire ai miei clienti? chi sarebbero i miei potenziali clienti? con quali canali voglio raggiungerli (negozio fisico, e-commerce, utilizzare canali distributivi già esistenti)? che tipo di relazione voglio creare con i miei clienti (assistenza post vendita, community, faq, etc.)? quali flussi di ricavi penso di ottenere (cosa devono pagare, quanto e come devono farlo)? cosa mi serve per far funzionare l’azienda (risorse umane, finanziarie, beni strumentali, brevetti)? quali diventano le key activities, ovvero quelle attività che mi differenziano o posizionano? quali attività esternalizzo (fornitori, partner)? queste sono le domande, una volta chiarite le risposte si può fare una stima di costi necessari per l’esercizio dell’attività imprenditoriale: costi fissi, costi variabili, economie di scala, etc..

domanda: avvocato, vuole fare la chiusura sull’argomento?
avvocato: si, prendo lo spunto della chiusura per chiarire un equivoco diffuso tra i nostri clienti. queste domande ci aiutano a definire tre punti di vista strategici: – piano marketing, cosa vendo, come la vendo, a chi la vendo ed il livello di interazione che voglio avere col cliente; – piano operativo, di quali risorse ho bisogno, quali sono le peculiarità del mio progetto che mi differenziano e mi posizionano e quali sono i partner strategici; – piano finanziario, ricavi – costi, flussi di cassa; la puntualizzazione che vi dovevo riguarda i partner strategici; molte volte capita che l’istinto o almeno la cosa più ovvia sia quella di coinvolgere i partner strategici quali soci. questo è un grave errore, perché i partner strategici sono quelli che meritano un collegamento stretto con l’impresa ma non come soci ma piuttosto con forme contrattuali più o meno coinvolgenti: dai contratti di associazione in partecipazione ai contratti di fornitura, dai contratti di agenzia o rappresentanza anche in esclusiva ai contratti di lavoro dipendente. una persona chiave può stare con noi anche se non è un nostro socio. questo vorrei fosse chiaro, c’era un vecchio adagio che diceva che i soci devono sempre essere in numero dispari, possibilmente inferiore a tre, e ho detto tutto.

domanda: ricordo a tutti i telespettatori, visto il forte contenuto formativo di questo ciclo, che queste puntata sono pubblicate su internet, sul blog dello studio della bella associato, www.ricorso-tributario.it, sul sito di teleunica e youtube. sul blog come sul canale youtube, poi, sono riportate le sbobinature che i nostri esperti vi mettono a disposizione. saluti e chiusura. avvocato e dottore: arrivederci e a presto.

 

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