la finta rivoluzione della giustizia tributaria

molti operatori del settore la chiamano ingiustizia tributaria. la parità sul piano processuale tra fisco e contribuente rimane un principio verso il quale si cammina, ma molto lentamente.

il d.lgs.156/15 che aveva introdotto notevoli novità [tra le quali: (i) conciliazione in appello; (ii) istanza di sospensione della sentenza e dell’atto originario durante l’appello e la cassazione; (iii) affidamento alla commissione tributaria monocratica per giudizi di ottemperanza di somme inferiori a €.20.000; (iv) condanna alle spese di giudizio per tutte le parti, anche per l’agenzia] è rimasto inapplicato nel cambiamento più significativo: “l’immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti”.

con tale enunciato si voleva significare che qualsiasi sentenza fosse immediatamente eseguibili da qualunque parte: anche per il contribuente; non già solo per l’erario. squilibrio tipico solo del diritto tributario.

il termine previsto dalla norma entro il quale approvare il decreto, infatti, è stato disatteso: il legislatore sostiene che tale termine sia ordinatorio potendo così approvarlo anche in seguito; la conseguenza immediata e diretta è che, medio tempore, resta inapplicabile.

è ancora in itinere, inoltre, la riforma delle commissioni tributarie. per prendere un paese di paragone a caso: in germania per fare il giudice tributario è necessario un percorso formativo ad hoc e un esame di abilitazione. la giustizia tributaria tedesca è indipendente da altri poteri amministrativi (non dipende dallo stesso ministero da cui dipende l’agenzia delle entrate come da noi) e prevede che sia assistita da irrinunciabili competenze tecniche: i “soliti crucchi” penserà il legislatore del “belpaese”.

il prof. ukmar ebbe ad osservare: “qualunque sia la riforma del sistema tributario, la stessa non raggiungerà il suo scopo se non sarà preceduta da una riforma radicale del contenzioso, che ponga sullo stesso piano i due litiganti e dia garanzia per il raggiungimento della giustizia”. principio enunciato nel 1949 alle soglie di una (delle tante) riforma preannunciata come “rivoluzionaria”.

il legislatore ancor oggi sembra voler far passare ukmar per precursore, un visionario in grado di anticipare concezioni destinate a una piena conferma solo nel futuro. niente di ciò: in quell’occasione fu solo un ottimo osservatore di una bilancia con i piatti totalmente fuori equilibrio; sbilanciamento che sul piano processuale non è per nulla mutato, oggi, dopo 66 anni.

come lo beve il caffè ? amaro (!), come il diritto tributario.

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