la cassazione si contraddice in meno di due mesi: anche il “falso valutativo” è rilevante penalmente.
con una pronuncia n.890/15 depositata lo scorso 12/1/16 la suprema corte ritorna sui propri passi dichiarando come condotta rilevante per il reato di falso in bilancio punito dall’art.2621 c.c. anche il falso valutativo.
è necessario, però, fare un passo indietro. l’art.2621 c.c. è stato oggetto di recente revisione normativa (l.69 del 27/5/15) che “toglieva” dal testo dell’articolo citato l’inciso “ancorché oggetto di valutazione”.
tale operazione veniva interpretata dai più (dottrina) e dalla cassazione (cass. pen. n.3374/15) come l’evidenza che non permetteva di punire i falsi che “implica la volontà di non attribuire rilevanza penale alle attività di . in relazione a quanto sopra, deve ritenersi non più rilevante la condotta di quanti espongano nel bilancio valutazioni falsi e mendaci quando tali valutazioni non siano in alcun modo vincolate a fatti materiali”.
questa interpretazione, dice la corte di legittimità, sarebbe in linea col restyling della legge 69/15 che nel togliere ogni riferimento a “fatti materiali rilevanti” anziché “informazioni” e la mancata riproposizione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazione” avrebbe voluto limitare la rilevanza penale a falsi oggettivi.
come si diceva, ciò sino alla pronuncia novembrina della cassazione (cass. pen. n.890/15) nella quale si enuncia che “quando i fatti materiali (essenziali), violino parametri di stima normativamente determinati o comunque tecnicamente indiscussi anche i non corretti criteri valutativi possono determinare il reato di falso in bilancio”.
tale arresto prende le mosse dal fallimento di una s.r.l. nella gestione della quale gli amministratori e poi i revisori nella relazione ai bilanci valorizzavano crediti di fatto non esigibili senza averli correttamente svalutati (secondo criteri condivisi e prudenziali). si legge nella relazione al bilancio della società “(..) sono valorizzati al valore di realizzo in quanto (omissis) si tratta di uno stock fisiologico dovuto alle normali tempistiche di pagamento e non vi sono dubbi sulla solvibilità delle ditte debitrici”.
tale condotta secondo la difesa non sarebbe stata punibili alla luce dell’ammodernamento normativo del maggio del 2015; la corte di legittimità ovviamente non è sembrata condividere tale assunto ritenendo, in breve, che le valutazioni quando siano contrarie a criteri di valorizzazione delle poste contabili condivisi e indiscussi diventino praticamente oggettive sovrapponendosi al concetto di “fatto materiale rilevante” punibile dall’art.2621 c.c.
ora, è ovvio che sia in atto un contrasto giurisprudenziale (cass. pen. n.33774/15 vs. n.890/15) quanto è evidente che entrambe le ragioni siano ben motivate e parzialmente condivisibili.
in attesa di una pronuncia a sezioni unite che dirima la vexata quaestio non si può non notare l’attualità della materia e la sempre maggior rilevanza che assume nei palazzi di giustizia; ciò impone agli amministratori, dirigenti societari, liquidatori, revisori legali, sindaci impone un comportamento sempre prudente, improntato a ragionevolezza e buon senso se si vuole ridurre al massimo ogni possibilità di contestazione.
a buon intenditore poche parole.