il debutto dell’accertamento induttivo sulla scena penale

le risultanze dell’accertamento induttivo per valutare il superamento della soglia di punibilità.

la terza sezione penale della cassazione, con sentenza n.4516 del 16.2 c.a., chiamata a pronunciarsi in ordine alla configurabilità del reato di omessa dichiarazione dei redditi previsto e punito dall’art.5 del d.lgs. 74/2000, ha riconosciuto la possibile applicabilità delle risultanze dell’accertamento induttivo nella determinazione dell’imposta evasa, al fine di valutare il superamento della soglia penale di punibilità della condotta.

in particolare, secondo la suprema corte, il ricorso agli esiti dell’accertamento induttivo dell’imponibile posto in essere dalla guardia di finanza e dall’agenzia delle entrate è ammesso, purché il peso specifico attribuito agli stessi ai fini della pronuncia sulla responsabilità penale dell’imputato risulti adeguatamente motivato, nonché supportato da un iter logico-argomentativo autonomamente adottato dal giudice penale, al quale viene pertanto precluso il ricorso a meri richiami per relationem alle attività ispettive e di controllo esperite dall’amministrazione finanziaria.

la sentenza in argomento, al di là di una bianca veste, parrebbe aprire ad una deriva, al ribasso, del target probatorio richiesto dalla legge ai fini della prova della responsabilità penale dell’imputato. infatti, pur se formalmente esclusa la pregnanza di una prova indiziaria desunta da una ricostruzione operata dagli organi accertatori in via presuntiva, nei fatti il giudice giunge ad una pronuncia di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio sulla base di un accertamento induttivo che è presuntivo per definizione!

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